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È indiscusso che il Coronavirus abbia sconvolto la vita di tutti, personale e professionale. In questi giorni ci stiamo adeguando a nuove regole e comportamenti che difficilmente avremmo immaginato solo qualche settimana addietro. E tra le tante cose che si stanno scoprendo, ci sono anche le attività così dette essenziali ovvero quelle che anche in questi momenti rimangono operative. Fra queste ci sono anche i call center. Proprio quelle strutture che nell’immaginario collettivo portano con sé non proprio una buona nomea, che spesso sono considerati degli scocciatori, quelli che chiamano all’ora di pranzo o di cena, che ti fanno domande, proposte commerciali, che non sanno darti risposte.

Ma sono anche le realtà con cui ci interfacciamo quando abbiamo bisogno di ricevere informazioni, aprire segnalazioni, fare richieste. Ad esempio, in questo momento sono il punto di riferimento per medici e operatori sanitari che rimangono in panne con l’auto, per le forze dell’ordine, per i mezzi di soccorso, per tutte le persone che stanno lavorando e garantendo i servizi essenziali. Sono spesso la voce amicache risponde alle tante chiamate di assistenza.

Che cosa vuol dire lavorare in un call center?
Spesso si considera il call center alla stregua di un centralino che risponde alle chiamate o esegue telefonate quando invece la realtà operativa è molto diversa. Lavorare oggi all’interno di un call center – o contact center – significa non solo possedere una buona dialettica e avere capacità di gestire il cliente e le sue esigenze, ma anche sentirsi parte dell’azienda per la quale si risponde, conoscerne i processi, le persone, avere la capacità di recuperare informazioni e sapere dove inserirle correttamente, avere l’abilità di utilizzare programmi diversi contemporaneamente. Tutto questo avviene nel tempo di una telefonata o mentre si sta scrivendo in chat ad un cliente, eseguendo operazioni apparentemente uguali per migliaia di volte nella stessa giornata. Il tutto si muove sullo sfondo di un rapporto one to one che si instaura con il cliente nei pochi minuti di conversazione. Va ricordato che chi risponde rappresenta il primo biglietto da visita per l’azienda, la prima impressione che si crea nella mente del cliente. Il ruolo svolto dagli operatori diventa nel tempo strategico in termini di fidelizzazione e rappresenta un tassello importante nella customer journey del cliente stesso.

Se oggi la centralità del cliente è uno degli aspetti strategici, per il quale tante aziende si stanno riorganizzando e dotando di CRM, è necessario allora rivedere e riconsiderare il ruolo di alcune figure aziendali (interne ed esterne che siano) che in questa relazione hanno un peso importante.

Non è più pensabile sviluppare strategie commerciali, lanciare nuove campagne promozionali, creare campagne di fidelizzazione, gestire emergenze ed imprevisti senza aver preventivamente allineato la prima linea. La mancata condivisione di informazioni contribuisce ad inficiare i risultati di progetti ambiziosi e dalle grandi potenzialità. Il successo di realtà come Amazon passa anche per un servizio clienti efficiente, aggiornato, capace di gestire ogni singola richiesta come se fosse la sola e unica presente.

Così come in momenti di emergenza la competenza, l’esperienza e la professionalità di personale dedicate al servizio clienti rappresenta il punto di contatto per gestire richieste, stati d’animo, dubbi, paure, segnalazioni.

La trasformazione digitale che stiamo vivendo oggi non ha precedenti ma una cosa è certa, senza il fattore H (Human) perderemmo alcuni valori imprescindibili nella relazione: empatia ed emozioni.

Giulia Zaia

Business Development & Digital Innovation Director and business partner Veneto Ricerche